Da sx: Giovanni Calabrese, Filippo Papaleo,
Giovanna Giallongo, Elisabetta Merlo,
Vanessa Maher, Carlo Belfanti e
Salvatore Adorno
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Ad aprire i lavori è stato Carlo Belfanti, ordinario di Storia
economica all’Università di Brescia, che ha raccontato la nascita del Made in Italy. Fu lo stilista toscano
Giovan Battista Giorgini nel 1951 a “inventare” la tradizione di una moda
italiana che affondava
le radici nel Rinascimento. Il richiamo all’età dell’oro dell’arte italiana produsse una vasta eco e una forte suggestione sulla stampa e sui mercati internazionali. Ne scaturì una delle più riuscite operazioni di marketing del Novecento, anche se dietro la trovata commerciale c’era la solida preparazione e l’indiscussa abilità degli artigiani italiani. Il successo personale di stilisti come Salvatore Ferragamo ed Emilio Pucci finì per legittimare la leggenda delle origini rinascimentali della moda italiana.
le radici nel Rinascimento. Il richiamo all’età dell’oro dell’arte italiana produsse una vasta eco e una forte suggestione sulla stampa e sui mercati internazionali. Ne scaturì una delle più riuscite operazioni di marketing del Novecento, anche se dietro la trovata commerciale c’era la solida preparazione e l’indiscussa abilità degli artigiani italiani. Il successo personale di stilisti come Salvatore Ferragamo ed Emilio Pucci finì per legittimare la leggenda delle origini rinascimentali della moda italiana.
Se il 1951 fu l’anno d’inizio del Made in Italy, il
1982 segnò una svolta nell’industria della moda, come ha spiegato nel suo
intervento Elisabetta Merlo, docente di Storia economica all’Università
“Bocconi” di Milano. In quell’anno, con l’invenzione della giacca destrutturata
di Giorgio Armani, l’imperfezione cessò di essere un costo industriale,
divenendo stile e moda. Nacque allora una nuova figura di creativo, attento ai
problemi della produzione industriale e dell’organizzazione commerciale.
Vanessa Maher, antropologa culturale dell’Università di
Verona, con la relazione su Sarte e
sartine a Torino tra Ottocento e Novecento ha offerto un affascinante
spaccato dell’industria tessile nella città della Mole a cavallo tra i due
secoli. L’antropologa ha ricostruito un universo in parte sconosciuto alle statistiche
ufficiali: quello del lavoro domestico e “sommerso”, caratterizzato dallo
sfruttamento della manodopera minorile e femminile, dal duro apprendistato, dal
lavoro sottopagato, dalla flessibilità e dalla precarietà. Modiste e sarte, con
i loro contatti sociali e la mobilità professionale, rappresentarono un fattore
di eterosocialità e contaminazione tra le classi.
In questo quadro si inserisce l’inedita vicenda della sarta
toscana Ada Longhi, ricostruita con passione e precisione dalla studiosa Giovanna
Giallongo (Museo del Costume di Scicli), grazie ai documenti rinvenuti durante
il riordino dell’Archivio storico dell’Opera Pia Carpentieri. Ada Longhi nacque
a Siena nel 1878. Figlia di un orefice-mercante d’arte, ragazza madre, visse e
lavorò tra Firenze e Pistoia. Nel 1910, rispondendo a un annuncio di lavoro per
maestra sarta, si trasferì a Scicli per dirigere la scuola di sartoria
dell’Opera Pia Carpentieri, destinata a qualificare le orfanelle e farne delle
“cittadine operose”. La sarta ordinò tessuti, strumenti di lavoro e giornali di
moda da ditte italiane ed estere, svecchiando lo stile e i gusti locali e introducendo
l’alta moda parigina tra le nobildonne siciliane. Dopo qualche tempo, però, gli
amministratori dell’Opera Pia montarono ad arte degli scandali per poterla cacciare:
l’indipendenza e l’intraprendenza di quella donna del Nord erano un modello
potenzialmente pericoloso in un mondo come quello della provincia siciliana,
dove le donne dovevano obbedire a un rigido codice di dipendenza e sottomissione.
Nel 1914, calunniata prima e licenziata poi, la Longhi si trasferì a Messina
dove fondò la Sartoria “Fiorentina”, attiva fino al 1926. Morì negli anni
Cinquanta a Pistoia, negli anni in cui in Toscana nasceva il Made in Italy.
Nel pomeriggio, Filippo Papaleo presidente dell’Opera Pia
Carpentieri, Giovanni Calabrese direttore dell’Archivio di Stato di Ragusa e Giovanna
Giallongo hanno inaugurato la mostra Scicli
attraverso le carte d’archivio, allestita nei locali dell’Archivio storico
dell’Opera Pia Carpentieri con documenti inediti e carte provenienti dai fondi “Famiglia
Carpentieri”, “Opera Pia Carpentieri”, “Conservatorio e Asilo infantile Biagio
Mirabella”, che costituiscono l’Archivio storico dell’Opera Pia. Ai tre fondi
si è aggiunto di recente l’Archivio Penna, donato da Gabriele Arezzi di Trifiletti.
L’Archivio storico dell’Opera Pia a breve sarà dichiarato «di notevole
interesse storico» dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e potrà
essere aperto agli studiosi. Custodisce circa 700 volumi - ordinati, catalogati
e inventariati da Giovanna Giallongo - che vanno dal 1480 al 1959. Le antiche
carte consentiranno di colmare parecchi vuoti storiografici e riscrivere la
storia economica, sociale, culturale e religiosa di Scicli e della Sicilia
orientale. Tra i documenti più interessanti, una cronaca manoscritta del
terremoto che nel 1693 distrusse i centri del Val di Noto; alcuni inventari
settecenteschi che documentano l’inedita preparazione del cioccolato di Modica
nei monasteri locali; carteggi che testimoniano fin dal XVIII secolo l’esistenza
di una fabbrica di tegole sul promontorio del Pisciotto dove nel 1909 sorgerà
la Fornace Penna; ma anche storie di famiglie nobili locali che avevano
ramificati rapporti d’affari con le principali città dell’isola.
Soddisfazione è stata espressa dal presidente dell’Opera
Pia, Papaleo, il quale ha evidenziato il ruolo culturale dell’Ente di
assistenza che oltre a ospitare il Museo del Costume, potrà fregiarsi di un
archivio finalmente restituito alla città e agli studiosi.
L’iniziativa è stata realizzata con il patrocinio
dell’Archivio di Stato di Ragusa, dell’Università di Catania - Dipartimento di
Scienze umanistiche, della Rete museale della Cultura Iblea, dell’Opera Pia
Carpentieri e dell’Associazione culturale “L’isola” e con il sostegno di Hotel
Novecento, Agenzia immobiliare Ferraro, Gold Communication (Scicli),
Confeserfidi (Scicli) e Antica Dolceria Bonajuto (Modica).
Info e contatti
Associazione culturale “L’isola”
Via F. Mormina Penna 65, Scicli (RG).
e-mail info@associazioneisola.it
cell. 334 3658158
Ufficio stampa
INpress di Giovanni Criscione
Via Assì 13, Modica (RG)
e-mail: inpress.ragusa@gmail.com
tel. 0932 752707
cell. 329 3167786