Tamara Marino, ragusana, dopo gli studi all'Istituto d’Arte “Salvatore Fiume” di Comiso e all'Accademia di Belle Arti di Catania, ha conseguito la specializzazione in Scultura a Carrara lavorando al contempo in uno studio di artisti.
Nelle sue opere, contamina le tecniche del disegno e della scultura con i nuovi linguaggi performativi, fotografici e musicali, su un piano sperimentale e sensoriale.
Il progetto “My name in the world” è nato nel 2012, quando l'artista ha contattato attraverso i social networks e riunito in un gruppo virtuale i propri omonimi (diciotto donne e un uomo) da tutto il mondo. Da questo flusso di immagini e informazioni sono nati dei ritratti di volti in terracotta bianca e schede personali. “Questo progetto - spiega l'artista - nasce dal bisogno di rapportarsi con gli altri e trovare un confronto e un punto di riflessione. Chi sono? È una delle prime domande che ci poniamo durante la nostra vita, che ha a che fare con la nostra esistenza. [...] Il nostro nome è intriso di tutta la nostra vita fin da quando eravamo bambini, inclusa quella interiore. Dentro un nome ci identifichiamo. [...] Ogni persona chiama col proprio nome quel baule di emozioni, persone, ricordi, passioni, lavoro, cultura che le appartengono. Alla domanda 'Chi sono?' si trova un altro significato. Se fossi nata uomo, in un Paese come l'Argentina, e avessi avuto tre sorelle e … Le nostre vite e il nostro modo di pensare dipendono da una moltitudine di fattori. Spiare le vite degli altri dà maggiore oggettività al fatto che siamo unici pur non essendolo”.
Simon Troger, originario della provincia di Bolzano, ma ragusano di adozione, si è laureato all'Accademia di Belle Arti di Carrara, specializzandosi nella Scultura. Ha partecipato a simposi di scultura monumentale in Germania, Austria, Italia aggiudicandosi premi e riconoscimenti. Nel 2012 ha fondato Glurns Art Point, un gruppo di Arte contemporanea composto da giovani artisti. Allo stesso anno risale la collaborazione artistica con Tamara Marino. La sua ricerca si sviluppa sull'analisi del rapporto tra uomo e ambiente, idea e concretezza, utopia e distopia.
“InCubus”, in particolare, analizza criticamente il modo di vivere la vita dell'uomo occidentalizzato: un robot umano auto-programmato a eseguire ordini impartiti da falsi miti veicolati da slogan e immagini seducenti. Tutto si traduce in tecnologia e codici alfanumerici, ed è così che l'uomo di conseguenza organizza pensieri e azioni. Le sue installazioni - cubi seriali formati da gabbie reticolari di legno che includono gli “uomini perfetti” in legno combusto - esprimono il duplice significato di cubo-gabbia e di incubo. Esse, spiega, “parlano del mondo effimero, in cui la corsa verso il grado di perfezione ideale raggiunge un livello di autodistruzione inconsapevole, dove volere e avere costituiscono i piani verticali e orizzontali di una gabbia insormontabile e in crescita esponenziale”.
Info e contatti
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