Modica - Sabato 25 gennaio 2020 alle ore 18, nell'auditorium della Chiesa dei Santi Nicola ed Erasmo a Modica Alta, sede della “Società di storia patria degli iblei”, il Presidente del sodalizio Giorgio Casa ha tracciato un profilo del Sodalizio in ordine a scopi, programmi e territorio di riferimento. Di seguito la relazione svolta, in conferenza stampa, dal Presidente del sodalizio Giorgio Casa che ha animato un intenso dibattito.
La costituzione a Modica della “Società di Storia Patria degli Iblei”, avvenuta lo scorso 27 settembre grazie all’impegno di un gruppo di studiosi locali, rappresenta il concreto tentativo di contribuire a scavare nel passato della comunità degli Iblei e ricostruirne, per quanto possibile, i vari aspetti socio-politici che hanno segnato l’alternarsi di periodi di estremo interesse a periodi meno brillanti; il Sodalizio, favorendo e ottimizzando ogni forma di ricerca che vada in questa direzione intende porsi come interfaccia concreta nei confronti della nostra collettività, sempre più desiderosa di conoscere meglio le proprie radici, senza mai discostarsi dalle tre fasi del lavoro di ricerca indicate, nell’Ottocento, dallo storico tedesco Johann Gustav Droysen: - la ricerca del materiale documentario, - la critica e l’interpretazione dei documenti così individuati, - l’esposizione dei risultati della ricerca in una sintesi narrativa o comunque di carattere argomentativo”.
Ma, per meglio capire la natura della neo costituita Società, ci sembra doveroso illustrare, seppur per grosse linee di massima, come, dove e per quali fini nascono in Italia le prime Società di Storia Patria. Nel corso del XIX secolo nelle varie regioni annesse al Regno d’Italia ebbe luogo la nascita di nuove società di cultura, denominate Deputazioni di Storia Patria, finanziate dallo Stato, con lo specifico obiettivo di operare ricerche storiche sui rispettivi territori, con riferimento ai periodi antecedenti l’avvenuta unità, e pubblicarle periodicamente. La prima «Regia Deputazione sopra gli Studi di Storia Patria» risulta essere stata fondata a Torino il 20 aprile 1833 dal re Carlo Alberto e vide la produzione di una collana di dieci volumi dal titolo «Historiae Patriae Monumenta», dedicati a un’accurata ricerca sul Regno di Sardegna. Con decreto del 21 febbraio 1860 la cennata Deputazione allargò la propria sfera di interesse fino alle provincie lombarde, precedentemente annesse al Regno di Sardegna. Altre Deputazioni nacquero a seguire in Emilia Romagna, poi in Toscana e subito dopo aumentarono vistosamente di numero anche in virtù della trasformazione di molte delle preesistenti Società Storiche. Verso la fine del diciannovesimo secolo, esattamente nel 1883, venne creato l’Istituto Storico Italiano, con lo specifico obiettivo di uniformare e coordinare le varie Deputazioni. Nel 1934, in piena era fascista, nasce la Giunta Centrale per gli Studi Storici, che venne meno, senza grossi rimpianti a conclusione della Seconda Guerra Mondiale, restituendo le precedenti autonomie alle singole Deputazioni Regionali.
In Sicilia, grazie principalmente all’impegno e alla disponibilità di Agostino Gallo, famoso uomo di cultura palermitano e di un buon gruppo di studiosi nel 1863 si costituì, a casa del Gallo, l’Assemblea di Storia Patria, dal cui lavoro, nonostante l’arco temporale estremamente limitato, trae origine la pubblicazione di un volume dal titolo Atti e documenti inediti e rari. Parliamo di orizzonte breve perché già nel 1864, presidente Emerico Amari, nasce a Palermo la Nuova Società per la Storia di Sicilia, a sua volta assorbita nel 1873 dalla Società Siciliana per la Storia Patria, nata per espressa volontà del Ministro della Pubblica Istruzione, intervenuto tramite il Prefetto sul Sindaco della Città Domenico Peranni, con lo specifico scopo di incentivare studi e ricerche su storia e tradizioni siciliane e pubblicarne i documenti attraverso la pubblicazione di «Documenti per servire alla Storia di Sicilia». Un dato è comunque certo: l’elenco degli uomini di cultura che parteciparono al progetto, quali soci fondatori, può considerarsi di estrema eccellenza anche a livello internazionale: vedere lavorare alla stessa causa figure di prestigio mondiale come il paleografo Raffaele Starrabba, l’archeologo Antonio Salinas, lo storico Vito La Mantia, lo storico Isidoro La Lumia in uno a un elenco corposo di personalità di indubbio prestigio è il chiaro indice della caratura di un progetto i cui effetti riverberano sino ai giorni nostri.
Una ricerca sistematica e scientifica che, sin dalle sue origini ha consentito di riscrivere, grazie anche a un corposo apporto documentaristico, storia, usi, costumi e tradizioni in ogni settore della vita dei siciliani. Esaustivo, a tal proposito, e sempre e comunque valido suona il giudizio di Haruki Murakami, scrittore, traduttore e accademico giapponese, sulla storia: «Rubare la vera storia è come rubare una parte della personalità di ognuno. È un crimine. La nostra memoria è composta da una combinazione di memoria individuale e memoria collettiva. Le due sono strettamente intrecciate. E la storia è la memoria collettiva. Quando questa viene rubata, o riscritta, non siamo più in grado di sapere chi siamo». Aforisma che ci aiuta a condensare, laconicamente, alcuni dei motivi di fondo a base di questo nuovo progetto, dal respiro profondo, inclusivo, scevro da ogni condizionamento di qualsivoglia natura e foriero di un nuovo modo di leggere il nostro impegno nella ricerca storica, vincolato all’obiettività di valutazione e giudizio e traguardato sempre e comunque alla ferrea volontà di “inquinare” positivamente la società civile.
La necessità di contrastare i tentativi sempre più frequenti di “adattare” la storia a logiche personali o di gruppo, le “false verità” artatamente costruite in laboratorio che impazzano sui social per distorcere cronaca e/o storia, la pretesa di “imporre” chiavi di lettura comunque forzate, perché poco obiettive, che spesso rischiano di tracimare nell’interesse personale, hanno costituito il miglior collante per mettere insieme un gruppo di persone che, coltivando la ferrea volontà di non voler fare parte di qualsivoglia gruppo condizionato dalla logica del “pensiero unico”, intende percorrere sentieri diversi, rifuggendo da ogni logica aprioristica, facendo quanto nelle proprie possibilità per evitare di adattare lo “studio della storia” a logiche di parte.
E, per dissipare ogni eventuale ulteriore dubbio sugli scopi sociali credo che basti leggere l’articolo 3 del nostro Statuto: «La “Società” si propone di arricchire, con specifica attività di ricerca e documentazione, la letteratura storica esistente che riguarda il territorio e le Comunità iblee, indagando le memorie del passato, illustrando le antiche cronache e ponendo in luce quanto ritenuto meritevole di una più approfondita conoscenza e di maggiore diffusione. Porrà particolare attenzione anche alle storie controverse sostenendo, per esse, con tutti i mezzi disponibili, più accurate ricerche e, ove possibile, confronti nel merito. Nel campo della cultura storica locale in generale pur non escludendo, ovviamente, l’attività anche di semplice divulgazione, privilegerà l’azione di sistematizzazione delle conoscenze storiche con bibliografie tematiche orientate a fare sempre il punto sullo stato della ricerca storica che, evidenziando eventuali carenze, possa sollecitare gli studiosi ad ulteriori ricerche, studi e produzione di documentazione: siamo nella logica degli annali, dei dizionari e dell’enciclopedismo. L’obiettivo globale è, quindi, quello di creare un riferimento e un forum di dibattito per chi, singoli od organismi, ne condivida in tutto o in parte la prospettiva storiografica».
A coerenza con quanto appena detto, il nostro Sodalizio, senza mai abbandonare i criteri scientifici di ricerca, vuole tentare di dare una risposta anche alle seguenti domande, peraltro messe nero su bianco nella comunicazione ai soci fondatori sulla presentazione ufficiale di stasera: vogliamo una “Società di storia patria” che sia un puro fatto di erudizione oppure una Istituzione palpitante della Comunità cui si rivolge? vogliamo una “Società di storia patria” che con grandissima utilità ci riveli angoli nascosti della storia dei nostri padri oppure vogliamo che a tale qualità si affianchi la capacità di essere utile, in maniera concreta al futuro della Comunità cui si rivolge? vogliamo una “Società di storia patria” che si autocelebri, come in un circolo iniziatico, con ricerche che soddisfino legittime ansie culturali di singoli ricercatori oppure che l’attività di ricerca oltre alle singole tematiche evidenzi un metodo di lavoro e di elaborazione capace, per l’insita autorevolezza di tale modo di procedere, di “inquinare”, ovviamente positivamente, gli analoghi processi di elaborazione che avvengono nella società civile, culturale e politica? vogliamo chiederci se l’obiettivo storico, pur essendo l’input fondamentale, non debba andare anche oltre con argomenti, temi e progetti che siano qualitativamente idonei a divenire un grande giacimento culturale in cui chiunque possa attingere per progetti immediati e futuri? Quattro domande che meritano una riflessione attenta e ben articolata, su cui sin da subito ci sentiamo di poter assicurare, in un prossimo futuro, momenti di confronto e di dibattito aperti alla Città, all’insegna di un’illuminante riflessione di Abramo Lincoln: « I dogmi di un passato tranquillo sono inadeguati al presente tempestoso. La situazione è irta di difficoltà, e noi dobbiamo essere all’altezza della situazione. Poiché il nostro caso è nuovo, dobbiamo pensare in modo nuovo e agire in modo nuovo. Dobbiamo emanciparci».
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