In primo luogo, nella costruzione dei personaggi. Dove si riflette la fine capacità di osservazione e di penetrazione psicologica dell’autore. Lucio Gatto crea una galleria assai varia di tipi umani, dai tratti fisici, caratteriali e morali così ben definiti da suscitare nel lettore un’impressione di familiarità con le proprie cerchie di amicizia e conoscenze professionali. Contribuisce a rafforzare quell’impressione anche l’attenta ricostruzione dei microcosmi e dei contesti sociali e di lavoro nei quali i vari personaggi si muovono con grande naturalezza e disinvoltura. Su tutti grandeggia la figura di Viola, intorno alla quale ruotano le vicende del romanzo. Viola è una giovane ricercatrice di Chimica, forte e fragile allo stesso tempo. Tanto forte e determinata nell’affrontare le sfide professionali e nel farsi largo in un ambiente molto competitivo, quanto fragile e quasi indifesa sul piano sentimentale, con un passato costellato di incertezze, slanci passionali, errori, innamoramenti e delusioni. Una personalità complessa, la sua, che non manca di affascinare il lettore e catturarne subito le simpatie. L’autentico protagonista del romanzo, tuttavia, è il Destino imprevedibile, che come un burattinaio capriccioso o un deus ex machina di altri tempi, lega, intreccia e scioglie i fili invisibili che muovono le vite di Viola e degli altri personaggi, in modi e forme spinte al limite dell’inverosimile.
In secondo luogo, nell’articolata e intricata trama che si snoda lungo un arco cronologico di oltre vent’anni, spaziando tra Milano, La Spezia, Barcellona, Trieste e la California. La trama mescola sapientemente gli elementi tipici del thriller (alcuni attentati scambiati all’inizio per una catena di incidenti, le indagini degli inquirenti e la cattura del colpevole che non chiarisce, però, alcuni aspetti della vicenda) con gli ingredienti propri del romanzo sentimentale (l’innamoramento di Viola, il tradimento, la vendetta del marito tradito che le porta via la figlia, la vita di lei accanto al nuovo compagno, il riconoscimento o agnizione finale) e di formazione (la maturazione e l'evoluzione dei personaggi principali verso una nuova consapevolezza di sé e della vita).
Terzo, nella sapiente tecnica narrativa adottata dall’autore. Lo scrittore lucchese comincia dalla fine, con una scena che precede di poco l’aristotelica “catastrofe”, cioè la fase risolutiva del dramma, per poi tornare indietro al passato e lasciare che premesse e antefatti, trame principali e (in apparenza) secondarie, domande e interrogativi si accumulino insoluti e si sedimentino nella mente del lettore. Nello scioglimento finale, anche l’ultima tessera del puzzle sarà collocata al suo posto, rivelando così il sorprendente disegno complessivo del romanzo.
L’autore si distingue anche per uno stile descrittivo, chiaro e preciso, con cui riesce a ricreare l’atmosfera di un determinato ambiente e a restituire in maniera incisiva dialoghi, interazioni, soliloqui, stati d’animo ed emozioni dei vari personaggi. Tra le pieghe della vicenda, inoltre, si insinuano interessanti e inquietanti spunti di riflessione sul valore della genitorialità, sulle relazioni con gli altri, sulla forza del destino e sui fantasmi di un passato che ritorna e con cui prima o poi bisognerà fare i conti.
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